“Io sono il sapore dell’acqua, oh Arjuna, Io sono lo splendore nel sole e nella luna; Io sono la parola sacra ed il suono nell’etere, Io sono il coraggio degli uomini.
Sono la gradevole fragranza della terra, e la radianza del fuoco, Io sono la vita in ogni creatura e sono lo sforzo degli aspiranti al cammino spirituale.
Il mio eterno seme può essere trovato in ogni creatura, Io sono l’intelletto dei sapienti, e la gloria dei Nobili.”
Baghavad Gita 7.8-9-10
In questo capitolo vengono introdotti due termini molto importanti: Jnana e Vijnana; entrambi contengono la stessa radice “jna” che significa conoscere (in greco gnosi). Jnana indica la più alta forma di conoscenza ovvero l’incontro con la sorgente di ogni cosa (che può essere anche momentaneo) e Vijana rappresenta la forma più alta di jnana, ovvero la realizzazione del Sè perpetua: coloro che arrivano a questo stato di Coscienza vengono chiamati saggi o veggenti (i famosi “seer”).
Secondo la filosofia del Shankya esistono due forze che reggono l’universo:
- Purusha: la luce della coscienza pura.
- Prakriti: il potenziale puro della materia e della mente.
Queste due forze vengono introdotte qui da Krishna per descrivere la sua vera natura: Egli (il Brahman) dunque è Coscienza pura ed è tutta la materia che nasce da essa! Egli rappresenta tutto il creato ed allo stesso tempo il creatore perchè infine anche questi due si fondono in uno solo.
“Lo stolto pensa che Io, l’immanifesto, sia entrato in una qualche forma, essi non realizzano la mia vera natura, che trascende la vita e la morte”.
Baghavad Gita 7.24
La parola Induismo fa pensare a molte cose, ma è veramente difficile definire cosa questo termine significhi esattamente. A differenza dei Cristiani che seguono a Cristo ed ai Buddhisti che seguono al Buddha, nell’Induismo non c’è esattamente un Dio quale seguire. Per parlare di Induismo bisogna ricordare il concetto di Brahman: il termine nella cultura vedica indicava quegli uomini che offrivano sacrifici e che potevano recitare i mantra sacri, dei sacerdote se vogliamo. Più tardi il nome fu utilizzato per indicare la forza creatrice dell’universo, il tutto che sta al di là del mondo fenomenologico, (di fatto un concetto astratto). Non bisogna confondere però il Brahman (anche se alcuni dissentiranno) con Brahma il creatore che, assieme a Vishnu e Shiva, formano parte della trinità induista (il creatore, il preservatore ed il distruttore). Nei testi vedici si fa riferimento al tutto con la semplice parola “quello”. Dalla filosofia induista ovviamente nascono tantissime religioni, ognuna devota a un Guru o ad una divinità dove per divinità si intende solamente un espressione del Brahman. Per questo alcune persone si allontanano dalla Gita perchè vedono in essa un culto al “Dio” Krishna. In realtà l’insegnamento della Gita è molto più profondo ed universale. Come viene espresso nel verso 24 la forma non è importante, ciò che invece lo è l’eterna Coscienza, che deve essere in qualche modo spiegata attraverso un messaggio che contiene parole che sono anch’esse parte della nostra natura duale quindi non possono contenere una verità assoluta e questo direi mette in prospettiva QUALUNQUE testo sacro di qualunque religione o credo. Le parole di Krishna per sua stessa ammissione non devono essere considerate una verità assoluta ma devono aiutarci a trascendere la dualità ed a superare i tre guna.
Krishna infine ci ricorda che la nostra sofferenza nasce appunto dall’idea di dualità, solo il saggio ovvero colui che è sempre stabile nel Brahman può vivere in piena Coscienza!
A presto
Maitreya