Colui che vede l’inazione nell’azione e l’azione nell’ inazione, è un saggio tra gli uomini; egli è
uno Yogi ed un esecutore di tutte le azioni.
Colui le cui imprese sono prive di desideri e di scopi (egoistici), e le cui azioni sono state
bruciate dal fuoco della conoscenza – lui – i savi chiamano un saggio.
Baghavad Gita Capitolo 4 V18-19
Nei precedenti capitoli abbiamo visto l’importanza dell’azione e della discriminazione. In questo capitolo Krishna ci presenta uno dei più grandi insegnamenti della Gita: il valore della saggezza che porta a distinguere tra azione e non azione. Nel nostra società ci hanno insegnato ad avere un obiettivo preciso nella vita soprattutto nel mondo del personal development; per quanto sia positivo e necessario avere uno scopo nella vita così come un obbiettivo qui l’insegnamento è molto più elevato spiritualmente e ci può aiutare a vivere una vita più piena e gioiosa perchè di fatto Krishna suggerisce di non aspettarci niente in cambio per le nostre azioni; ci invita ad agire ovviamente, ma sapendo che l’esistenza deciderà sempre cosa ci aspetterà nel futuro. Il saggio sa quindi che deve agire e lo fa, ma mantenendo un distacco dall’azione stessa e dal suo risultato, egli fa ciò che sente, ma con la mente in silenzio, quindi senza interferire con una moltitudine di pensieri egli compie l’azione con la mente inattiva. Lo stolto invece passa le sue giornate pensando e preoccupandosi del futuro vivendo così in una situazione di costante azione mentale, ma senza agire con il corpo (azione nella inazione). Il saggio vive in equanimità perchè sa che in fondo ha poco potere sul suo futuro, ciò non toglie che egli farà il meglio per se stesso e per il mondo perchè si sente connesso ad esso.
Il capitolo continua elencando le varie forme di offerte e sacrifici tipici della tradizione Indù eseguiti da tutti coloro che vogliono in qualche modo dedicarsi al cammino spirituale. Queste offerte possono anche essere fatte attraverso la meditazione o attraverso la rinuncia ai piaceri della vita. In qualche modo tutti siamo chiamati a fare qualche tipo di “sacrificio”, non c’è infatti posto in questo mondo né in altri mondi per colui che agisce solo in modo egoistico.
“Superiore al sacrificio materiale è il sacrificio della conoscenza, o Arjuna, perchè il fine ultimo di ogni azione è la saggezza spirituale.”
Gita 4 V33
A nulla serve accumulare ricchezze, accumulare conoscenze pratiche se alle nostre spalle non c’è una comprensione profonda della nostra esistenza come esseri spirituali in un corpo umano, quindi il sacrificio materiale in realtà se fatto in modo meccanico e ripetitivo perde il suo valore; i rituali infatti dovrebbero essere sempre fatti con la nostra massima attenzione ed intenzione.
“Niente nel mondo purifica come la saggezza spirituale, colui che è perfetto nello yoga, nel tempo la troverà nel Sé.”
Gita 4 V.38
Qui Krishna evidenzia ancora l’importanza della conoscenza sopra ogni cosa e la perseveranza a continuare con fede nel cammino yogico. Colui infatti che persiste nel cammino troverà le risposte in sé stesso e non nel mondo esteriore, questo porterà ovviamente a vivere in pace ed armonia con il mondo attorno a lui; ogni dubbio ed incertezza dovrà essere tagliato con la spada della conoscenza e del discernimento (viveka).
Continueremo con il quinto capitolo nel prossimo articolo.
A presto
Maitreya