Esegui le azioni, Oh Arjuna, essendo stabile nello Yoga, abbandonando l’attaccamento, ed
equilibrato in successi e fallimenti. Il perfetto equilibrio viene detto Yoga.
Molto inferiore dello Yoga della saggezza è l’azione, Oh Arjuna. Prendi rifugio nella saggezza;
infelici sono quelli il cui motivo è il frutto.
Dotato di saggezza (serenità di mente), uno abbandona in questa vita sia le buone che le
cattive azioni; perciò consacrati allo Yoga; lo Yoga è abilità in azione…..
Quegli il quale privo di attaccamento in ogni circostanza, qualsiasi cosa sperimenti, sia pura che impura, non si rallegra nè si addolora, stabile è la sua saggezza.

Baghavad Gita 2. 48-49-50-57

Il secondo capitolo della Baghavad-gita riprende nei primi versi lo sconcerto di Arjuna di fronte ad una battaglia che non vorrebbe combattere perchè dinanzi a lui vi sono i suoi fratellastri riuniti assieme ad  un’enorme esercito. Ancora una volta Arjuna chiede consiglio a Krishna su come agire di fronte a questa violenza inevitabile. Krishna presenta qui la vera realizzazione del Sè (che gli Indù chiamano “Self Realization”). Le sue parole invitano all’azione anche se nel verso 49 dice che la saggezza è di gran lunga superiore all’azione; in questo caso però egli fa riferimento all’azione di coloro che sperano una ricompensa nel futuro e non è una posizione contraria all’azione in generale anzi invita proprio Arjuna nel discorso di questo capitolo,  a non pregare per la non-azione ovvero a non diventare tamasico, ma ad affrontare il suo Dharma (esegui le azioni essendo stabile nello yoga). Il Dharma del guerriero è quello di combattere anche se ciò implica uccidere, ma la causa è giusta, la guerra non è stata provocata ed è inevitabile quindi accettare che il male domini il mondo, secondo la visione di Krishna, è peggio che uccidere i propri nemici perchè la vittoria dei Kaurava porterebbe oscurità e sofferenza nel mondo. Vediamo come sempre di più questa guerra è intesa in termini metaforici: non combattere le forze oscure significa non dedicare del tempo sul lavoro su di Sè e lasciare che le nostre passioni e le nostre avversioni ci dominino. La Gita non condanna le cattive azione nè loda le buone azioni, essa ci invita invece a prender coscienza del nostro ruolo nel mondo e a prendere responsabilità degli atti quotidiani.

Come dice il verso 50: “lo yoga è abilità in azione!!” La più grande sfida di questa vita è quella di agire senza attaccarci ai risultati, senza esultare quando tutto va bene e senza disperarci quando tutto va male. Questo è il cammino del saggio che viene poi ulteriormente descritto negli ultimi versi di questo capitolo: 

Non c’è conoscenza del Sé per l’instabile, e per l’irrequieto nessuna meditazione è possibile;
per chi non medita non ci può essere pace; e per quell’uomo che non ha pace, come ci può essere felicità.”
Verso 66.

La conoscenza del Sé ovvero la vera meditazione avviene solo in una mente tranquilla, stabile come una montagna; se c’è costante movimento allora saremo  trascinati inevitabilmente dai nostri sensi. Ricordo che seguire le nostre pulsioni non è sempre sbagliato infatti secondo il cammino del tantra si possono utilizzare i desideri e le pulsioni che generalmente ci porterebbero all’incoscienza per diventare coscienti. Possiamo vedere passare una bella donna o un bell’uomo, sentiamo dentro di noi un istinto, una pulsione sessuale per esempio, invece di reprimerla lascia che questa pulsione invada il tuo corpo, prenditi del tempo per osservare questa energia dentro di te. La maggior parte delle volte non sarà necessario seguire questa attrazione (probabilmente nel 95% dei casi). Ma può esistere sempre una pulsione che invece è necessaria, soddisfare il morso della fame ad esempio è necessario per mantenere il nostro corpo sano (quando si ha veramente fame), o soddisfare un desiderio sessuale quando siamo pronti, coscienti e quando il corpo veramente ne senta il bisogno.

Il cammino di Arjuna è il cammino del guerriero e non del rinunciante, quindi come uomo che vive nella società piena di stimoli ed impulsi deve imparare a portare coscienza in ogni sua azione ed a vivere le sue passioni senza bisogno di giustificarle, ma senza lasciarsi trasportare dal desiderio incosciente; l’obbiettivo è quindi quello di osservare ed essere al di sopra della dualità, ma allo stesso tempo prendere costantemente decisioni duali, perchè ciò è necessario per il compimento del nostro cammino.

Continueremo con il terzo capitolo nel prossimo articolo.

A presto.
Maitreya