“Le anime più forti sono quelle temprate dalla sofferenza. I caratteri più forti sono cosparsi di cicatrici.”
Khalil Gibran

Nel secondo capitolo degli Yoga Sutra di Patanjali si entra nel dettaglio dei 5 Kleshas che sono la vera origine di tutte le nostre sofferenze e pene. La parola Klesha significa letteralmente veleno. Tutti noi li dobbiamo affrontare, alcuni di loro ogni giorno ed altri solo a volte. Ci sono momenti nella nostra esistenza dove ci sentiamo avviliti, non sappiamo come uscire dal dolore che affligge le nostre giornate. La prima cosa da fare è capire profondamente l’origine del nostro dolore. Come ci ricorda Gibran i caratteri forti sono cosparsi di cicatrici, quindi bisogna accettare il dolore per trascenderlo. Nella spiritualità infatti ha più possibilità di risveglio la persona che soffre maggiormente perché è la sofferenza stessa la spinta che lo porta a capire l’illusione della nostra vita. Chi non soffre particolarmente normalmente passa semplicemente la sua esistenza da una distrazione all’altra senza rendersi conto dell’illusione in cui vive. Quindi prendi queste sofferenze come il trampolino di lancio verso un più elevato stato di coscienza. Vediamo ora i 5 Kleshas nel dettaglio.

1) AVIDYA: ignoranza

La parola Vidya in Sanscrito significa conoscenza, il suffisso “a” rende negativa la parola, quindi letteralmente “mancanza di conoscenza” ovvero ignoranza. L’ignoranza non è quella dell’analfabeta ma è riferita all’ignoranza primaria che è quella dell’identificazione con il corpo fisico e con la mente. La tua vera natura è silenzio e pace ed è una natura immutabile ovvero l’Essere che sempre è esistito e sempre esiterà. Da un punto di vista intellettuale ciò che sto dicendo potrebbe essere negato, ma appunto la mente non può negarlo perché non è una credenza, non è una speculazione filosofica, né un concetto mentale che può essere discusso, ma è un’esperienza che si ha o non si ha, un po come mettere la mano sul fuoco e scoprire che scotta: questo è un fatto non un idea campata per aria. Quindi se questa pace non fa parte della tua vita quotidiana è perché sei perso costantemente nel pensiero e di conseguenza starai soffrendo per qualche dolore fisico.

2) ASMITA – Egoismo

La parola Smita in Sanscrito significa fiorire ed espandersi quindi ancora una volta la “a” nega rendendo evidente il suo significato. L’ego esiste per il nostro bene, esso infatti ci protegge e ci difende, senza il senso di separazione non potremmo sopravvivere in questo sistema. Purtroppo diventa un problema quando l'”Io” diventa la nostra ragione di vivere. In questa situazione di identificazione con il pensiero ed il corpo, l’uomo continua a pensare solo a se stesso, alla sua salute, al suo benessere, ma così non è possibile vivere né felici né tanto meno sviluppare un senso di compassione per i nostri simili, vivremo costantemente in lotta senza mai poterci profondamente rilassare dentro lo scorrere della nostra vita.

3) RAGA – attaccamento

Ogni volta che sperimentiamo un piacere nella vita, per esempio indotto dalla vista di uno splendido paesaggio, dalla compagnia di una persona, da un cibo o da una particolare sostanza, il cervello registra l’esperienza e quando essa finisce vorrebbe ritornare a sentire la stessa cosa. Per questo diventiamo dipendenti da una o l’altra forma di piacere. Ancora una volta dobbiamo pero dire che il piacere in sé non è male anzi dovrebbe essere vissuto con gioia e totalità, il problema è proprio la sua ricerca costante. Quindi non è scappando dal piacere che si risolverà il problema ma è solo vivendolo con coscienza e tenendo a mente che esso è impermanente e domani non ci sarà più. Se nel tuo cervello si ripresenterà questo desiderio puoi sempre chiederti se ne hai davvero bisogno in questo preciso momento della tua vita oppure è solo un attaccamento?

4) DVESA – avversione

Raga e Dvesa sono strettamente legati, infatti uno è l’opposto dell’altro e nelle nostre giornate stiamo vivendo sempre o uno o l’altro, in qualche modo o rifiutiamo il dolore o cerchiamo il piacere. Quando ci ammaliamo perché rifiutiamo la malattia? perché invece non accoglierla come un maestro che ci sta portando verso un cambiamento? Perchè rifiuti che la tua ragazza o ragazzo ti hanno lasciato? Perchè non accettare che è l’ora di continuare la tua vita senza quella particolare persona? Ogni situazione può essere affrontata in due modi: uno è accettando il momento presente così com’è e se dobbiamo reagire ad un problema lo facciamo altrimenti possiamo anche osservare senza fare nulla, l’altro modo, che è ciò che facciamo normalmente, è entrare in un turbine di pensieri che si vanno a sovrapporre alla situazione presente, ricorda che i tuoi pensieri non sono la situazione, la situazione esiste senza i tuoi pensieri! Invece di lamentarti per la situazione presente prova a vedere cosa ti sta insegnando per poter crescere come essere umano.

5) ABHINIVESHA – paura della morte o attaccamento alla vita

La nascita esiste perché esiste la morte, e viceversa, sono due facce della stessa medaglia che è il nostro passaggio su questa terra. Ci sarà una vita successiva? Ci sarà una resurrezione? Sono aperto a qualunque ipotesi, ma se andiamo al di là delle nostre credenze resta solo questo eterno presente che costantemente rifuggiamo attaccandoci ai ricordi o scappando dentro la speranza che non è nient’altro che una proiezione nel futuro. La morte ha sempre avuto una pessima reputazione sopratutto in occidente mentre in oriente se ne può parlare più liberamente senza avere accezioni così negative, addirittura nelle tradizioni tantriche dell’India essa viene chiamata “il grande orgasmo”.
La cosa triste non è la morte ma è la vita che le persone non vivono perché hanno paura di cambiare e di essere finalmente se stesse.

I 5 Kleshas quindi portano chiarezza nelle nostre menti: lavorando su ognuno di essi piano piano ci lasceremo alle spalle le nostre sofferenze e vivremo una vita più cosciente e serena.

A presto
Maitreya