Il respiro è il ponte che collega la vita alla coscienza,
che unisce il corpo ai nostri pensieri.
Ogni volta che la vostra mente si disperde,
utilizzate il respiro come mezzo
per prendere di nuovo in mano la vostra mente
(Thich Nhat Hanh)
Dopo aver superato il TTC la scuola Sivananda permette di partecipare all’ATTC (Advanced teacher training course – corso per professori di yoga avanzato) e al “Sadhana intensive” che oggi vedremo nel dettaglio. La parola Sadhana in sanscrito significa “disciplina spirituale” ovvero tutte quelle pratiche che vengono eseguite giorno per giorno per aiutare la mente a ritornare nel momento presente. Nel caso specifico il corso si concentra sull’arte del pranayama che diventa l’attività primaria oltre alle asanas, ai mantra ed alla meditazione.
L’ente organizzativo, Sivananda Europe, per venire incontro alla grande richiesta di studenti dall’Europa ha deciso di affittare da alcuni anni il Monal Resort presso Rudraprayag. Il villaggio di Rudraprayag ad un’altitudine di 900 m s.l.m. gode di un clima fresco durante tutto l’anno (le notti possono essere molto fredde sopratutto a novembre). Sotto il paese scorre tumultuoso il fiume Alaknanda che incontra qui il fiume Mandakini e più a valle, presso Devprayag, il fiume Bhagirathi, da lì in poi viene chiamato da tutti il Gange (tutti i suoi affluenti vengono anche chiamati comunemente con questo nome).
Non mi soffermerò nel dettaglio sulle varie tecniche che potete trovare sui libri di yoga (in particolare nell'”Hata Yoga Pradipika”) oppure partecipando a questo corso, ma piuttosto sulle mie personali sensazioni e benefici ottenuti durante i 14 giorni di corso.
Prima Settimana
I primi otto giorni seguono il seguente orario:
06:00 Satsang
07:30 Spiegazione degli esercizi della giornata
07:45 Latte di mandorla
08:00 Prima sessione
10:00 Pranzo
11:00 Karma Yoga
12:10 Lettura
13:00 Merenda (frutta e/o snack)
14:00 Seconda sessione
18:00 Cena
19:30 Satsang
Per inziare il corso in modo tradizionale il primo giorno scendemmo al tempio costruito sopra il punto in cui l’Alaknanda incontra il fiume Mandakini, lì ci ricevette una vecchia Swami con uno stupendo sorriso, ci benedisse ed assieme recitammo i mantra tradizionali e ci bagnammo la testa con l’acqua del fiume in segno di purificazione. I primi giorni furono molto tranquilli, riabituai lentamente il corpo a lunghe ore di asanas (posture) e alla postura del mezzo loto. Utilizzai il tempo libero ancora disponibile durante la prima settimana per scendere al fiume, stare in silenzio e in solitudine. Mi resi conto di quanti pensieri avevo accumulato durante quasi due anni di viaggio in giro per il mondo. Durante uno dei primi satsang mi persi nella bellissima musica del sitar e del bansuri (tipici strumenti indiani) e mi lasciai avvolgere dall’atmosfera magica dell’india. Sentii il mio corpo con molta energia, sapevo a cosa stavo andando incontro e sapevo anche quanto la disciplina di alcune suole mi stesse stretta, cosa che mi rese abbastanza nervoso sopratutto durante i primi giorni; sentii però allo stesso tempo che l’esperienza era necessaria per imparare ed evolvere. La mia stanza dava sul giardino e la mattina si poteva vedere la luce uscire dalle montagne, si poteva ascoltare il dolce suono del Gange, mi sentii fortunato di poter partecipare a questa bella esperienza nonostante l’india sempre sarà per me un paese difficile e non proprio adatto al mio spirito. Ogni satsang finiva con il bellissimo “Ganga aarti” che è un mantra in onore del fiume, e durante il satsang mattutino il canto coincideva con il sorgere del sole da dietro le montagne rendendo speciali quei minuti affacciati a cantare tutti assieme dalla grande balconata del resort guardando il suo lento e infinito gorgoglio. Il Sadhana intensive è un corso molto personale, ognuno è libero di seguire il ritmo che vuole, questa libertà però può essere per alcune persone controproducente perché lavorando in gruppo si è attorniati da un’energia che dal mio punto di vista non è uniforme (per questo suggerisco a chi può di avere una stanza singola). Una sessione consisteva in 40 minuti di asanas più una lunga pratica di pranayama che si allungò giorno per giorno durante tutto il corso. Il primo giorno si partì con circa 45 minuti di pranayama, rigorosamente eseguiti senza bandha che vennero poi aggiunti successivamente per non andare a sforzare troppo il corpo fisico. Dopo il secondo giorno inziai a sentire la testa leggera, sentii di essere in un diverso stato di consapevolezza del mio corpo e della realtà che mi circondava. Il prana generato durante la pratica mi scaldò la parte centrale del corpo (la zona del manipura) aumentando il senso di fame, ma ciò mi mise in uno stato d’allerta, essendo dominato dall’elemento fuoco sperai che il calore non fosse troppo per il mio corpo. Mi resi conto presto di come sia difficile dormire con tutto il prana in corpo: durante la terza notte infatti i miei occhi restarono spalancati per quasi due ore prima di riuscire a prender sonno. Durante le ore del pomeriggio ebbi modo di scendere presso il fiume, osservandolo capii che nella vita non ci resta che scorrere, l’unico movimento è verso la valle e poi verso l’oceano dove non saremo più gocce d’acqua ma ci fonderemo con l’universo, per vivere in equilibrio bisogna accettare il cambiamento inevitabile, il paesaggio della nostra vita cambierà di volta in volta e sta a noi adattarci costantemente.
Durante il sesto giorno iniziammo ad applicare i 3 bhanda ed iniziai a sentire la pressione crescere nei polmoni e la sensazione di calore aumentò tanto che nel corso della giornata arrivai a bere 4 litri di acqua.
Durante l’ultimo pomeriggio libero uscii dal resort, feci due passi da solo arrivando fino al villaggio seguendo l’Alaknanda, mi fece bene camminare solo per vedere il mondo attorno a me, quest’india sporca e stanca, che rimane ancorata al suo passato, quest’india mistica piena di fumo e di colore, che abbaglia con tanta luce, tanto folklore, ma allo stesso tempo si perde nella sua danza e la sua spiritualità vera resta di fatto nascosta, in facciata si trova solo fumo di incenso e un falso brahmino che chiede l’elemosina, per trovare la sua vera essenza bisogna scavare in profondità!
Seconda settimana
Dal giorno 9 in poi si segue il seguente orario:
06:00 Satsang
06:30 Spiegazione degli esercizi del giorno
06:45 Latte di mandorla
07:00 Prima sessione
10:00 Pranzo
12:10 Lettura
13:10 Merenda (frutta e/o snack)
13:30 Seconda sessione
16:30 Cena
18:00 Satsang
19:00 Terza sessione
Nella seconda settimana si aggiunse la terza sessione serale che decisi di eseguire nella stanza, stando con me stesso, esplorando il mio corpo senza essere distratto dalla presenza degli altri. La mattinata del decimo giorno fu particolarmente fredda una fitta nebbia avvolgeva la valle rendendo l’atmosfera particolarmente mistica, il fiume non si vedeva, ma si poteva comunque costantemente ascoltare il suo dolce suono.
Durante il decimo giorno osservai alcune persone innervosirsi facilmente, l’eccesso di prana può portare anche a questo se ojas non è abbastanza forte. Il mio stato di coscienza stava lentamente cambiando, iniziai a sentire i suoni più nitidi e più forti: un giorno mentre ero seduto a praticare sentii alcune persone parlare a voce alta, mi girai immaginando di vederli a pochi metri da me ma mi resi conto di quanta distanza ci fosse tra me e loro, probabilmente circa 60 metri e rimasi stupito di come la mia sensibilità fosse aumentata. Gli ultimi giorni furono intensissimi con circa 6 ore di pranayama al giorno iniziai veramente a sentirmi da un altra parte, ero cosciente dei miei passi, del mio respiro, potevo osservarmi mentre parlavo con le altre persone senza sentirmi attaccato, potevo anche osservare da testimone il mio ego reagire ad alcune situazioni non confortevoli, potevo osservare la natura con calma compiacendomi del momento presente, senza fretta, senza pensare ai miei progetti e senza rivangare il mio passato, potevo veramente esserci così com’ero senza critiche e senza false maschere. Sentii il mio corpo leggero, un energia indescrivibile mi pervase, i miei occhi e quelli degli altri partecipanti al corso erano pieni di luce, sentii di essere sul cammino giusto nel bene e nel male, il cammino che avevo scelto per me. Durante l’ultimo satsang, la swami ci benedisse e ci consegnò i certificati che citano il titolo di “Yoga Bashkara” que significa “colui che porta la luce” o “luminoso”.
Questo corso è stato per me una sfida, un mettersi alla prova, sentire il proprio corpo ed i propri sensi cambiare così radicalmente è stato sicuramente un gran passo avanti verso una vita di maggiore consapevolezza!
A presto
Maitreya
Grazie a Reiner Gross per le bellissime fotografie e per essere stato un vero amico durante la durata del corso.