“Se hai tempo per respirare hai tempo per meditare.”
Ajan Chah
Il Wat Pah Nananchat è un monastero internazionale (dove si parla prevalentemente inglese) che diffonde gli insegnamenti del buddhismo Theravada. Il Theravada è la più antica delle forme di buddhismo oggi esistenti infatti il nome significa letteralmente “la scuola degli anziani” ed è la forma predominante nel sud est asiatico specialmente in Thailandia, Laos, Cambogia e Birmania. Il monastero, che è situato in una piccola foresta a circa 15 km da Ubon Ratchathani (una città nell’estremo est della thailandia non molto lontano dal fiume Mekong ed il confine con il Laos), fu creato da Ajan Chah nel 1975 per venire incontro all’esigenza di diffondere gli insegnamenti del buddhismo Theravada ai molti uomini occidentali (per lo piu britannici) che si spinsero sin qui verso la fine degli anni ’60 ed inizio ’70. Ajan Chah già fondatore del grande monastero Wat Nong Pah Pong nel 1954 (sempre nella città di Ubon) si fece portatore internazionale di quell’antichissima tradizione che vede i monaci vivere nelle foreste vicino ai villaggi.
Il mostero è costituito da diversi edifici sparsi all’interno della foresta, i monaci vivono all’interno di piccole palafitte in legno chiamate Kuti che ospitano i vari monaci. Per i monaci più anziani esistono kuti molto grandi che assomigliano a vere e propre villette anche se le comodità sono sempre molto spartane. Vicino all’igresso si trova la grande cucina dove ogni mattina i laici arrivano e smistano il cibo delle offerte, a volte riscaldano e cucinano ciò che non arriva già cotto. Nella tradizione buddhista infatti tutto il cibo viene chiesto in elemosina ogni mattina in modo da generare una stretta dipendenza tra il popolo laico ed i monaci altrimenti si rischierebbe di isolare troppo i monaci dal mondo esterno. In cambio i laici hanno accesso agli insegnamenti buddhisti e possono vivere nel monastero a costo nullo per un periodo di tempo anche prolungato. Tutti gli ospiti laici vengono ospitati gratis e il monastero vive grazie alle offerte.
Gli ospiti laici vengono accolti nella sala al di sopra della cucina, dove è situata la libreria per i primi giorni. Per coloro che restano di più normalmente se c’è posto viene assegnata una kuti e viene chiesto di radersi completamente barba, capelli e le sopracciglia, pratica che rende il volto neutro senza espressione ed ovviamente la persona meno attraente per l’altro sesso. Tutti gli ospiti del monastero inoltre devono aderire ai 5 precetti che sono:
1 – Astenersi dall’uccidere.
2 – Astenersi dal rubare.
3 – Astenersi da attività sessuali.
4 – Astenersi dal mentire.
5 – Astenersi dall’abuso di sostanze inebrianti.
L’esperienza è consigliata a coloro che già praticano la meditazione, infatti non viene insegnata nessuna tecnica in particolare, non c’è un vero e proprio insegnamento anche se in generale si suggerisce la meditazione con la respirazione (Anapanasati) o la Vipassana. Per imparare bisogna prendere in mano qualche libro e fare domande al guest monk (il monaco che accoglie gli ospiti), inoltre la mattina durante il dhamma talk (dhamma in lingua pali, così come il sanskrito dharma, significa: “legge cosmica” o “legge naturale”) l’abate da dei consigli su come applicare la via del buddha, ma sono per lo più consigli per i monaci. Inoltre ogni quarto di luna la sera viene dato un dhamma talk più lungo dove gli ospiti hanno ampia possibilità di fare domande e charire dubbi.
La giornata classica si svolge secondo il seguente orario:
03:00 Sveglia.
03:30 Canti.
04:00 Meditazione al tempio principale.
05:00 Spazzare le foglie dei vari viali.
05:45 Tempo libero o accompagnare i monaci per la questua.
07:00 Aiutare a preparare il buffet.
08:00 Preghiera e predica al popolo Thai (in lingua Thai).
08:45 Pasto principale e unico della giornata.
09:30 Dhamma talk (Insegnamenti del Dhamma).
09:50 Tempo libero per praticare la meditazione, leggere e riposare.
15:00 Pulizie.
16:30 Pausa tè.
18:15 Canti.
18:45 Meditazione nel tempio principale.
19:45 Fine del programma giornaliero.
La mia esperienza
Il Wat Pah Nanachat è un luogo di pace, la foresta che lo accoglie è incantevole e piena di creature che vivono in armonia con l’ambiente. C’è molto spazio per la meditazione e l’introspezione, infatti a parte le due meditazioni di gruppo dalle 10 del mattino circa fino alle 3 del pomeriggio si ha tempo per meditare o camminare nel bosco o semplicemente riposare dato che pochi sono abituati a svegliarsi alle 3 del mattino. L’ostacolo più difficile è stato abituarsi alla dieta, un pasto al giorno è una scelta estrema seguita da poche persone nel mondo e di certo 2 settimane (durata della mia permanenza) non sono state sufficienti per far abituare il corpo. Le persone che arrivano fin qui sono cercatori seri, persone che vogliono entrare dentro sè stesse, quindi si ha la possibilità di avere profonde discussioni di spiritualità e di ricerca con persone provenienti da ogni angolo del globo. Per ben 2 mattine ebbi l’onore di partecipare alla questua, pratica che non è facile accettare per noi europei, la nostra mente tende a giudicare, bisogna lasciare andare l’ego e vivere questa meravigliosa simbiosi tra i laici ed i monaci. Non scorderò mai quelle fresche mattine d’inverno e la campagna thai così silente, con le vacche al pascolo, il fuoco dei grill e le signore thai che aspettavano fedeli e con cuore aperto il passaggio dei monaci, non scorderò mai quel cielo tinto di rosa e quel sole arancione spuntare all’orizzonte tra i rami della foresta e riempirci il cuore di quella gioia di partecipare ad un altro giorno su questa terra. Ma tutto è impermanente e bisogna saper guardare costantemente al presente, nella gioia e nel dolore. Ed è proprio sul dolore che si concentra la filosofia buddhista.
“Invece di pensare «io soffro» pensa «c’è la sofferenza….»”
Ajahn Sumedho
Questa fù una delle frasi che più mi colpirono e marcarono la mia esperienza nel monastero: quanto siamo concentrati solamente sui nostri problemi e sui nostri dolori? Ricordati che siamo parte di un tutto ed il nostro dolore è quello degli altri, tutti soffrono o soffriranno, l’unica certezza che abbiamo è che un giorno ci ammaleremo e lasceremo questo corpo, la domanda è “ti stai preparando per questo evento?”
L’aria del monastero da tempo per pensare a tutte queste cose e personalmete ho avuto la seria possibilità di lavorare sul mio ego eseguendo lavori umili e lavorando sulla recettività e l’ascolto. Il primo giorno si consegnano tutti gli apparecchi elettronici e questo porta enormi benefici alla mente che resta focalizzata sulla meditazione mantenendo elevata l’energia del monastero. Purtoppo le kuti erano tutte occupate ma ho potuto negli ultimi giorni montare una tenda nell’area vicino al cimitero ed alla pira funeraria. Qui ho passato lunghe ore ascoltando i suoni della foresta osservando il tramonto e ricevendo la visita di un serpente notturno che sinuoso è sparito nel fogliame al mio avvicinarmi. L’ultimo giorno sono stato partecipe di un funerale con cremazione e vedere questo fuoco bruciare la carne dell’uomo mi ha fatto ricordare la nostra fragilità, la vita se ne và come un battito d’ali e noi passiamo il tempo a preoccuparci delle nostre piccole cose, forse dovremmo un pò tutti ascoltare di più, parlare meno, meditare e renderci conto che ogni istante è un dono che mai più tornerà.
a presto
Maitreya