Colui che esegue il suo sacrosanto dovere senza dipendere dal frutto delle sue azioni – è un
Sannyasi ed uno Yogi, non quello che è senza energie o che si astiene dall’azione.”

“Coloro che aspirano allo yoga (unione), dovrebbero cercare l’Atman nella solitudine interna attraverso la meditazione, con la mente ed il corpo controllati, privi di qualsiasi aspettativa e liberi da speranza e possessività.”
Baghavad Gita 6.1 e 6.10.

Nessuno può diventare uno yogi se dipende dal frutto delle sue azioni; così inizia il sesto discorso di Krishna. Rinuncia (non dipendere dal frutto delle azioni) non significa astenersi dalla vita di tutti i giorni e rifugiarsi in una grotta dell’Himalaya; la vera rinuncia avviene solo quando non ci identifichiamo con ciò che facciamo o con il ruolo che ricopriamo nella società. Se sono un asceta che vive senza possessi, questa mia peculiare situazione potrebbe farmi credere di essere superiore a coloro che guadagnano soldi e vivono una vita dentro la società; anche questo in fondo è un inganno ed un attaccamento. La vera libertà è la non identificazione con la nostra ricchezza o povertà, con la nostra educazione o con la nostra ignoranza. Nel mondo duale ovviamente dovremo prendere delle decisioni secondo la nostra coscienza. Il cammino più efficace verso la liberazione dalla sofferenza è la meditazione, solo con la capacità di mantenere il corpo e la mente calmi potremo liberarci dal giogo delle passioni e degli attaccamenti.

Per questo il sesto Capitolo della Gita è così importante perché qui vengono enunciate le basi di quella che oggi chiamiamo meditazione (per approfondire vedi qui). Il verso 10 citato all’inizio ci suggerisce come praticare la meditazione: seduti su di una tela o cuscino, con la schiena ben eretta, in silenzio e con la mente concentrata in un solo punto. Krishna sottolinea anche l’inutilità degli estremi: mangiare troppo o troppo poco, dormire troppo o troppo poco sono solo alcuni esempi che servono a motivarci a trovare il nostro equilibrio che non è mai verso gli estremi infatti solo una vita semplice può portare gioia e tranquillità.

Una volta che la mente è tranquilla l’Essere si manifesta dentro di noi; per chi non sa cosa questo significhi, diciamo che l’osservatore di noi stessi si manifesta, ma non si identifica più con il contenuto della nostra coscienza, scopriamo che non siamo né il flusso di pensieri nella nostra testa né questo corpo fisico.

“La pratica della meditazione libera la persona da ogni tipo di afflizione, questo viene conosciuto con il nome di Yoga. Tale Yoga deve essere praticato con incrollabile determinazione e con una volontà inflessibile.”
Baghavad Gita 6.23

La meditazione a parte rare eccezioni è ad oggi lo strumento migliore per la realizzazione del Sé, i risultati non sono immediati ed è per questo che la maggior parte delle persone rinuncia dopo pochi mesi, risultati duraturi e durevoli si raggiungono solo dopo anni di costante pratica, quindi se stai vedendo delle difficoltà insormontabili abbi fede e continua nel tuo cammino senza ascoltare le persone attorno a te che cercano di deviarti dicendoti che i tuoi sforzi sono inutili, queste persone sono anime perse e non sanno cosa cercano in questa vita, circondati invece di praticanti come te ed assieme a loro pratica con costanza e serenità.

“Il cammino della meditazione (cammino del Yogi) è superiore all’ascetismo severo ed al cammino del jana (conoscenza), che tu possa raggiungere l’unione (yoga) nella meditazione, o Arjuna!”
Baghavad Gita 6.46

Krishna sottolinea che il cammino dello yoga è superiore a quello dell’ascetismo estremo e a quello dello studio delle sacre scritture, infatti a nulla serve sacrificare la carne o studiare i libri sacri se non riusciamo a mantenere la mente tranquilla. Possiamo estendere l’augurio di Krishna  tutti gli esseri umani: che possano trovare la pace nella meditazione!

A presto
Maitreya