“La Bhagavad-Gita è la più sistematica dichiarazione dell’evoluzione spirituale, di grande valore per l’umanità. E’ una dei più chiari e comprensivi sunti della filosofia perenne mai rivelata, quindi il suo valore permanente non è solamente dell’India ma di tutta l’Umanità.”
Aldous Huxley

Come abbiamo visto nel precedente articolo La Baghavad-Gita tradotto come” Il canto del Beato” (o “il canto del Signore”) è un piccola parte del 6° libro del Mahabharata che racchiude in sé gli insegnamenti vedici in una forma poetica e semplice trasmettendo un messaggio universale che può essere applicato a tutte le filosofie e a tutte le religioni. In verità non si può descrivere la Gita come una filosofia perchè il termine filosofia significa letteralmente “amore per la conoscenza”, ma nel mondo occidentale questa conoscenza è legata al pensiero ed alla analisi. Nei testi vedici invece viene riconosciuta come vera conoscenza solo la connessione con il divino che avviene quando la mente entra nel silenzio, quindi non viene da una analisi della realtà attorno a noi ma da una osservazione passiva (stesso principio della meditazione) che porta all’ascolto di una voce diciamo cosi divina.

Personalmente reputo la Gita tra i più importanti se non il più importante libro spirituale mai scritto dall’uomo. La sua bellezza ed i suoi insegnamenti sono universali e possono essere applicati nella vita di tutti giorni.

Nell’induismo classico solo le Upanishads (parte finale e più profonda dei Veda) sono considerate “shruti”; la parola shruti significa letteralmente “ciò che è udito” distinguendosi da ciò che è imparato facendo riferimento al fatto che tutto ciò che troviamo scritto nelle Upanishads viene da un “ascolto” diretto ovvero da un esperienza mistica.

Tutti gli scritti posteriori sono considerati quindi secondari includendo il Mahabharata. Ma in senso strettamente letterario la Gita è una Shruti perchè è un testo che secondo il parere di molti è stato inserito (posteriormente) nel Mahabharata, ma differisce dallo stesso in stile e profondità e viene appunto da un esperienza diretta dell’autore quindi di fatto non ha autorità previa; la Gita può quindi essere considerata come l’ultima delle Upanishads.

La Gita si inserisce nella storia del Mahabharata proprio nel momento in cui sta per iniziare la guerra fratricida tra i Pandava ed i malvagi Kaurava. Arjuna, scortato dal suo auriga Krishna (vedi foto in alto) rappresenta l’archetipo dell’eroe e del guerriero, ma si trova di fronte ai suoi fratellastri che pur essendo malvagi non vorrebbe uccidere. Krishna è da considerarsi come una manifestazione di Brahman, quindi è una proiezione del divino; può essere considerato come un grande maestro come lo è stato il Buddha o Gesù. Dimostrare l’esistenza del Krishna storico non è cosa semplice e per non entrare in fanatismi religiosi lo si può considerare come un personaggio leggendario (ciò che conta è il messaggio!!).

Molte persone hanno criticato la Gita proprio perchè sembrerebbe istigare alla guerra. In realtà questa guerra è una metafora delle nostre guerre interiori ed i fratelli malvagi sono un simbolo delle nostre difficoltà a lasciare andare il nostro ego. Arjuna ci rappresenta perchè le sue paure sono le nostre e l’insegnamento ricevuto da Krishna è valido per chiunque voglia svilupparsi come essere spirituale.

La Gita da per scontato che già si conoscano almeno parzialmente le Upanishads ed il significato di alcuni termini che elencheremo qui sotto:

  • Brahman: l’eterno ed innominabile, l’energia universale, ciò che permea tutte le cose visibili in questo universo ed in tutti gli universi. Non c’è quindi differenza tra creatore e creato.
  • Atman: da cui viene il nostro nome anima. Rappresenta la natura divina della nostra personalità, lo spirito che sta dentro ognuno di noi.
  • Dharma: è la legge della natura che dovremmo seguire durante il corso della nostra vita. Se non la seguiremo allora soffriremo. Siamo nati per compiere un cammino, che ci piaccia o no quindi per onorare il Dharma dobbiamo onorare le persone  e tutti gli esseri che ci stanno attorno.
  • Karma: la rete di causa- effetto secondo il quale ogni nostra azione avrà una conseguenza. Il Karma non va analizzato però in termini di punizione o premio che è ancora una dualità tipica del modo di pensare umano. Semplicemente ogni nostro pensiero ed ogni nostra azione porterà al materializzarsi di alcune determinate situazioni che dovremmo affrontare nel futuro.
  • Moksha: la liberazione ultima dell’essere umano che ormai libero dagli attaccamenti si muove nel mondo seguendo le leggi della natura.
  • Maya: è il mondo illusorio nel quale viviamo. Secondo il vedanta infatti tutto ciò che è transitorio è illusorio e ciò che è reale è solo Brahman ovvero l’assoluto.

La Gita è un libro pratico che ci invita all’azione disinteressata dai risultati, ma ha senso solo se è praticata, leggerla una volta non ti cambierà la vita, dovrai viverla capitolo per capitolo applicando poco a poco tutti suoi insegnamenti, solo così potrai arrivare alla liberazione dalla sofferenza. La Gita presenta la yoga  come il cammino supremo per la liberazione (in altre parole la realizzazione del Sè) ed è divisa in 18 capitoli, i primi sei capitoli dedicata al Karma yoga, i 6 capitoli centrali dedicati al Jnana yoga e gli ultimi 6 al Bhakti yoga; questa divisione non è sempre ben chiara per noi occidentali ma è molto comune tra gli studiosi indiani. Seguire la Gita è sicuramente un atto di fede (Shradda) che non è intesa come un seguire ciecamente le parole di un testo o di un guru, ma deve essere una ricerca interiore che ci invita ad un scelta: agire incoscientemente o secondo la coscienza, sta a te decidere!!

A presto
Maitreya